
La vicenda di Sekou si snoda in parallelo a quella dell’attrice che la racconta e che in quel racconto si rispecchia e si interroga.

Uno spettacolo dedicato a Sandro Pertini. Con questo spettacolo Bonazzi, Poli e Santonastaso, dopo il grande successo di Mi chiamo Andrea, faccio fumetti dedicato ad Andrea Pazienza, tornano a raccontare una biografia esemplare a cavallo tra anni Settanta e Ottanta, nella convinzione che in quei due decenni abbiano germinato pensieri e situazioni con cui ora più che mai occorre confrontarsi.

Il Labirinto è uno spettacolo post-teatrale in realtà virtuale, innovativo nel linguaggio e nelle modalità di fruizione, in cui ogni spettatore sarà dotato di un visore, uno speciale dispositivo che proietta chi lo indossa in uno scenario così realistico da sembrare vero.

Il lavoro, nato nell’estate del 2018, prende le mosse da testimonianze vere. Da un lato una giovane profuga siriana incontrata dai due autori a Lugano, dall’altro un reportage inchiesta durato due anni e mezzo tra Europa Medio Oriente e Africa “a caccia di trafficanti”. Un lavoro che mette in scena il più grande fenomeno dei nostri tempi.

Nel ventre narra la storia di un’attesa: Ulisse, Epeo (artefice del cavallo), Neottolemo (figlio di Achille) e un pugno di soldati sono nascosti dentro il cavallo, fuori dalle mura di Troia. È l’ultimo capitolo di una lunghissima guerra, i compagni di armi hanno abbandonato la spiaggia i Troiani li hanno visti partire.

Mi chiamo Andrea, faccio fumetti è una biografia, ma non è una biografia. È un monologo disegnato.

«C’era una volta il popolo. Era un popolo ottimista, che credeva in sé e si impegnava in attività improduttive, tipo costruire “case” dove ritrovarsi tutti insieme a fare cose ricreative, per esempio ballare o giocare a carte.»

Un gioco di voci, di coreografie che portano l’azione sui palchi e in platea, di parole nate dal lavoro che i drammaturghi professionisti del Teatro dell’Argine hanno fatto con i giovanissimi partecipanti nel corso di un anno di laboratorio teatrale: una pratica di teatro condiviso, un ambizioso lavoro di ascolto e di partecipazione attiva.

Un bès, dam un bès! Dammi un bacio... Ma chi lo dà un bacio allo scemo del paese, al pazzo emarginato?

Tre diverse storie, tre finali quasi "gialli" per raccontare la follia della guerra e il fascino malefico del potere.
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